martedì 18 maggio 2010

via cairoli (2)

come sempre il piu' debole ci rimette due volte in assenza di regole

da gazzettino.it

Ahmed ha 32 anni, e abita in via Cairoli da otto mesi. È pakistano e vive in Italia, regolarmente, dal 1998. Parla l’italiano fluentemente, e prima dell’esplosione dell’ultima fase della crisi economica lavorava in un’azienda padovana che ora l’ha inserito nel lungo elenco dei cassintegrati. Ha la pelle olivastra e i capelli scuri come molti degli extracomunitari che popolano il crocevia del degrado, tra via Bixio e via Cairoli, a pochi metri dal piazzale della stazione. Come loro parla l’arabo, ed è di religione musulmana.
Ma le affinità si fermano qui. Perché poi inizia un altro modo di intendere e vivere la vita. Un’altra concezione dell’essere immigrato. Il diverso approccio con un Paese che ti ha accolto e con le sue regole.
«Una situazione come via Cairoli in vita mia non l’avevo mai vista prima – comincia nel suo racconto Ahmed – Quelli che frequentano questa zona sono degli animali. Animali veri. E per noi stranieri che cerchiamo di vivere giorno dopo giorno, onestamente, facendo tanti sacrifici per tirare avanti, rappresentano una vergogna. Una vera vergogna».
In via Cairoli, dove agli angoli dei palazzi, dopo l’ennesima notte di urla, risse, e spaccio, sono rimaste una accanto all’altra le bottiglie di vetro della birra consumata, Ahmed è arrivato con l’intermediazione di un’agenzia immobiliare.
«Mi hanno mostrato la casa al mattino. Era spaziosa e vicino alla stazione, per me l’ideale. Non pareva ci fossero così tanti problemi». E invece... «Invece qui i padroni sono i tunisini e i nigeriani – riprende Ahmed – gestiscono lo spaccio e provocano tutto questo casino. Vendono la droga sulla strada, come se niente fosse. Se ne fregano di tutto e di tutti. Della polizia hanno paura solo quando arriva con i cani. Altrimenti si mettono a ridere, offendono, e se ne vanno per un po’, poi ritornano. E fanno quello che vogliono. Da mezzogiorno a mezzanotte qui è casa loro, non mia».
Infatti le finestre del suo appartamento, Ahmed le deve tenere sempre rigorosamente chiuse. «Altrimenti – dice – la notte è impossibile dormire e durante il giorno anche ascoltare la televisione e persino parlare. Le voci vengono soverchiate dalle urla della strada. È una cosa assurda. Un comportamento che queste persone nei paesi dai quali provengono non si sognerebbero di tenere nemmeno lontanamente. Sono tunisini, e musulmani. Ma anch’io sono musulmano e se bevo e spaccio droga, la mia religione, che è poi anche la loro, mi condanna».
Appena si gira l’angolo dell’incrocio con via Bixio, inizia la Chinatown padovana.
Ma anche qui, tra i negozi, le agenzie, e gli appartamenti gestiti e abitati dai cinesi, l’equilibrio che mantiene la convivenza con le altre etnie è appeso ad un filo sempre più sottile.
«Maghrebini e nigeriani per lo spaccio, e ora anche le persone dell’Est che arrivano per ubriacarsi, stanno rendendo la vita di questa zona impossibile – spiega il titolare di un negozio cinese – E il punto è che nessuno interviene davvero. Si spendono tante parole, arrivano tivù e giornali, ma la situazione invece di cambiare e migliorare sta andando a fondo. Dobbiamo fare da soli, arrangiarci per sopravvivere e garantirci una sicurezza che non c’è. In ogni senso».
(Martedì 18 Maggio 2010)

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