venerdì 4 febbraio 2011

povera scuola

povera scuola se questi son gli insegnanti (il 68 continua a far danni):
leggo e inoltro da gazzettino.it

IN STAZIONE
IL CONTROLLO
DI POLIZIA
"Sono della polizia, mi mostri i documenti", mi fa un tizio in borghese, esibendo un distintivo (che per quanto ne so può essere anche quello dell'esercito sovietico o della nazionale di calcio finlandese), mentre, alle 13.20, dall'atrio della stazione di Padova sto raggiungendo l'antistante piazzale per prendere la corriera che dovrebbe riportarmi a casa dopo una mattina di scuola. Tra una corriera e l'altra ho comprato i giornali, rinnovato l'abbonamento e dato un'occhiata alla libreria acquistando tre volumi. Seccato dal contrattempo e nel timore di perdere l'autobus, taglio corto ed esibisco la carta d'identità, non nascondendo però il mio stupore e il mio disappunto. "Mi segua, prego", aggiunge secco il tizio, dopo aver telefonato le mie generalità a un collega. "Mi vuol dire perché mi vuol fermare?", domando sempre più seccato e anche assai contrariato dal fatto di dover seguire un poliziotto nella stazione gremita di gente. Per tutta risposta il tizio mi domanda a bruciapelo: "Precedenti?" "Precedenti di che?" sbotto stizzito. "Precedenti", ripete impassibile. "Ripeto, precedenti di che?" rispondo mentre la corriera se ne va. Bene o male si arriva al posto di polizia ferroviaria e lì mi fa aprire la borsa e svuotare il contenuto. Ci sono libri, giornali, quaderni di miei studenti, Manca la forse sospirata cocaina. Solo a questo punto devono rendersi conto del granchio preso: "Bene, adesso può andare", mi fanno. "Come, "bene adesso può andare": posso almeno sapere che cosa sospettavate e perché mi avete fatto perdere una corriera?". "Per un controllo". "Sì, ma perché tra tanta gente avete controllato proprio per me?" "Perché io la vedo sempre girare qui in stazione". "E' un reato? Ho un intervallo tra due corriere". Nessuna risposta. Nessun accenno di scuse. Chiedo per ben tre volte le generalità del gentiluomo che mi ha fermato, senza ottenere risposta. Allora, rimettendo gli oggetti in borsa, comincio a brontolare e mi lascio andare a qualche apprezzamento pesante. E' un errore, certo. E infatti il tizio mi risponde per le rime, prima mettendo in dubbio la mia onestà, poi dandomi del "minchione". Non ci vedo più e gli do del "figlio di p.". Su quello mi arriva una manata e nel contempo sbarrano la porta: meglio così, altrimenti penso che non avrei saputo controllarmi e gli avrei messo le mani addosso anch'io. Domando se si tratta di un episodio normale e se la polizia può fermare un onesto cittadino che se ne va per i fatti suoi, facendogli perder tempo, mettendo in dubbio la sua onestà e trattandolo alla stregua di un delinquente solo in base a chissà quale assurdo "sospetto" di un agente evidentemente privo di cose più importanti da fare. La cosa pià grave ritengo peraltro che sia la totale assenza di scuse.
Franco Damiani
docente di lettere al liceo scientifico "I. Newton" di Camposampiero

Nessun commento: