lunedì 1 settembre 2008

via anelli, 2 anni dopo

dal gazzettino (nazionale) del 31/08/2008
Il 9 agosto 2006 con 90 metri di lastre di ghisa si isolò un intero quartiere di Padova al centro di una guerra tra pusher nigeriani e magrebini
Via Anelli: due anni dopo il muro, nulla è cambiato
La strada dell’ex ghetto resta punto di riferimento per lo spaccio di droga, i palazzi sgomberati un monumento al degrado
Padova

Due anni fa, il muro. Quello di via Anelli, dell'ex ghetto, del Bronx di Padova. Novanta metri di lastre di ghisa alte quattro per separare i sei block del Serenissima, blindati e sgomberati nel luglio dello scorso anno, dai condomini dell'adiacente via De Besi. Immortalato da tutte le telecamere del pianeta, raccontato negli speciali televisivi e giornalistici delle maggiori tivù nazionali: il muro, che il 9 agosto ha compiuto due anni, è diventato palestra per opinioni di sociologi, intellettuali, politici, giornalisti, e semplici curiosi, arrivati in via Anelli anche solo per vedere l'effetto che fa. Figlio dello stato di paura che in due notti, quelle del 25 e 26 luglio 2006, dopo gli scontri tra nigeriani e maghrebini per il controllo del mercato della droga, in via Anelli hanno portato a 29 arresti per devastazione, saccheggio e violenza; 96 perquisizioni in cui sono stati rinvenuti 2 chili di cocaina ed eroina, e ancora: machete, mannaie e roncole, 174 controlli di stranieri che vivevano all'interno del Serenissima e 22 espulsioni; oggi il muro rimane un ricordo. Una cicatrice sopra una ferita che non si dimentica, ma che fa ancora male.

«La situazione in via Anelli e in tutta la zona che la circonda spiega Paolo Manfrin, presidente del comitato Stanga rimane molto tesa, e nervosa. Ci sono troppi extracomunitari irregolari». Per i quali la strada del muro e dell'ex-ghetto era e resta punto di riferimento per lo spaccio della droga, anche e nonostante il recente arrivo dell'Esercito.

«Lo spaccio nel quartiere riprende Manfrin è un magma silenzioso che viaggia. È qualcosa che sfugge dalle mani. È come voler tenere la sabbia stretta in un pugno. Quando credi di averla presa, e fermata, ti accorgi invece che è scivolata via, in un altro posto».

Del ghetto che fu è rimasto un cortile in cui l'erba cresce alta tra le piastre di cemento, e nel giardino, dove i topi che sbucano per poi nascondersi sotto ai block chiusi del Serenissima, sono grossi come gatti.

«Sembra lo scenario di uno di quei film post-disastro atomico chiude il presidente del comitato Stanga -, via Anelli è un monumento sempre più corroso che deve essere abbattuto. Così come deve essere spostata la moschea ancora aperta nell'ex supermercato del Serenissima. Solo se si realizzano queste due condizioni il nostro quartiere potrà trovare pace».

Quella pace che invece oggi ancora non c'è, nonostante tutti i residenti, e alcuni domiciliati, dell'ex Bronx siano stati trasferiti in altri quartieri della città.

«Ma aver chiuso il Serenissima ci fa capire la responsabile della farmacia di via Venezia, una delle strade parallele a via Anelli è stato come aver pestato un formicaio. Il problema ha così invaso tutta Padova. Lo spaccio non è stato debellato. Le cose vanno un po' meglio rispetto a due anni fa, però di pusher qui intorno ce ne sono ancora troppi. È vero che qualche tempo fa, di sera, davanti al negozio ne avevo anche dieci e che ora ne ho due o tre, ma io non voglio più nemmeno quelli. Basta. Questa non deve essere considerata terra di nessuno. Lo è stata già per troppo tempo».

Proprio di fronte all'ex residence Serenissima si affacciano le finestre del palazzo della signora Anna Galuppo. Una delle resistenti storiche di via Anelli.

«La storia qui non è finita ripete - È migliorata, ma non è finita. E noi purtroppo lo sapevamo che non sarebbe terminato tutto con la chiusura degli appartamenti. Quei sei palazzi vuoti e disabitati rappresentano un monumento all'incuria e allo stesso tempo sono un'attrazione per gli spacciatori e i loro clienti».

«Anche l'altra sera racconta la signora Anna -, mentre stavo annaffiando le piante dal mio balcone, sotto, c'era un maghrebino che continuava a scavare tra i fiori, con le mani, evidentemente alla spasmodica ricerca di qualcosa che aveva nascosto».

Ma via Anelli, nel tempo, e soprattutto dopo la chiusura del ghetto, ha creato anche le sue succursali: via Manara e il Pescarotto su tutte.

«Nonostante muri, barriere e recinzioni dice Gisella Scanferla, presidente del comitato Manara nella nostra strada lo spaccio continua imperterrito. I militari? Li abbiamo visti un paio di volte, al mattino, ma tanto di quelli i pusher mica hanno paura. Non temono nessuno. Magari quando vedono la camionetta si spostano o si nascondono un attimo, ma poi ritornano a fare quello che vogliono».

Matteo Bernardini

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